Esattamente come L’affare della Rue de Lourcine, Il mistero della Rue Rousselet ha un titolo derivante da un episodio di cronaca ed è una commedia poliziesca che ha lo scopo di far ridere. Il critico Francisque Sarcey si limita a dedicare alla pièce tre sole righe: “Quest’atto unico è tutto già visto e non vale la pena soffermarcisi. Le ultime scene sono allegre e hanno fatto ridere il pubblico”. (L’opinion nationale, 13 maggio 1861). Sarcey però si sbaglia, di molto, e considerato che il suo punto di vista è quello della tecnica drammaturgica avrebbe dovuto riconoscere alla pièce una sorta di perfezione nel suo genere: soggetto originale, gestione dell’intreccio, finale comico.
Certo il mistero non dura a lungo per lo spettatore, ma per il domestico e il vicino impiccione si infittisce con l’avanzare delle scene, mentre lo zio e il marito sospettato fanno a gara a chi fornisce la spiegazione più strampalata per placare la sposa oltraggiata. Il tutto si conclude con un’eccellente scena di clownerie che ha trovato grazia anche agli occhi del critico dell’Opinion nationale.
Il mistero della Rue Rousselet, allestita il 06 maggio 1861 al Teatro del Vaudeville, ha condiviso il palcoscenico con Le intense passioni del capitano Tic solo per venticinque sere. Mezzo fiasco, del tutto immeritato, che ha forse indotto Labiche a non inserire il testo nell’edizione delle sue pièces del 1878.
(Il presente frammento è tratto dal volume Eugène Labiche, Théâtre I, a cura di Jacques Robichez, Éditions Robert Laffont, Paris 1991, p. 773, traduzione mia)
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