Il gruzzolo (La cagnotte)

Il presente articolo è tratto da Impressions de théâtre, 9ème série (1888-1898), pagg. 57-61. L’autore è Jules Lemaître. La traduzione è mia.

Il testo è il resoconto della conferenza tenuta da Francisque Sarcey su Il gruzzolo di Labiche.

Il gruzzolo (La cagnotte)Ero in ritardo di alcuni minuti. Quando entrai in sala, LUI (Francisque Sarcey) stava dicendo: «…Durante la prova generale, Dormeuil rimase sconvolto e sostenne che era una colossale idiozia. L’autore a quel punto rispose che poteva anche darsi ma lo avremmo scoperto solo in seguito. Il giorno della prima, Dormeuil, completamente disgustato, partì per la campagna promettendo di rientrare solo dopo l’ultima replica. Fu costretto a tornare prima del previsto perché la pièce fu rappresentata per trecento sere di fila.

L’opera teatrale in questione era Un cappello di paglia di Firenze.

Il pubblico si era subito accorto di aver trovato esattamente quello che cercava. Cosa c’era dunque di nuovo in questo capolavoro? Semplice. Immagino già sappiate come si svolge la trama. Un uomo, seguito da un corteo nuziale, insegue un cappello di paglia per cinque atti e lo trova solo alla fine del quinto. Scommetto di indovinare quello che state pensando: non lo si può certo definire un miracolo dell’ingegno umano. Vero. Ma nessuno aveva mai portato a teatro una storia del genere. L’idea di questa caccia disperata, bisognava pur averla; e Labiche era stato il primo.

No, mi sto sbagliando. Un abbozzo dell’idea era già presente in Molière, perché tutto è in Molière. Sembra di vedere il suo Signor de Pourceaugnac inseguito da quei buffoni che lo prendono di mira, scomparire dietro una porta, poi ricomparire da un’altra, sempre minacciato da quei faceti importuni finché non si vede costretto a lanciarsi nella buca del suggeritore…

Ma se quest’idea è in Molière, è perché era già presente nella commedia italiana; e se era già presente nella commedia italiana, è perché era presente in natura. Un ragazzino lega una casseruola alla coda di un cane; il cane fugge terrorizzato; tutti i monelli del paese si lanciano al suo inseguimento; gli uomini si mettono in mezzo; le comari, attratte dal baccano, escono dalle case; il flusso le trascina e le fa rotolare finché non cadono a gambe all’aria; tutti ridono, gridano, si spingono, si scambiano delle battute e si prendono a pacche sulle spalle, e il paese intero finisce coinvolto in una corsa disordinata, una ressa gioviale: tumultus gallicus.

Ecco qua, in sintesi, lo schema di Un cappello di paglia di Firenze. Quello che Labiche ha introdotto di diverso, è uno stampo nuovo. Una volta trovato questo stampo, ci si può versare dentro qualsiasi cosa: cinque o seicento vaudeville.

Un commerciante del Marais nota la bellezza di una delle sue operaie e le dà appuntamento in una balera per i successivi sviluppi. Però, per un gioco del caso, i commessi e le commesse del negozio – e se volete anche la padrona stessa – finiscono per trovarsi in quella balera nello stesso momento del padrone. Sapete, no, di cosa parlo? L’avrete visto un migliaio di volte. In fondo, si tratta sempre di fughe e inseguimenti incrociati, esattamente come nei Domino rosa di Delacour e Hennequin, nel Signore va a caccia e nell’Albergo del Libero Scambio di Feydeau, e così via…

Tredici anni dopo, Labiche, con Il gruzzolo, inaugura un secondo stampo. È sempre lo stesso di Un cappello di paglia di Firenze ma con qualcosa in più. Cosa esattamente?

Il gruzzolo (La cagnotte)Il gruzzolo è sempre Il cappello, ma è Il cappello dopo La signora delle camelie di Dumas, dopo Madame Bovary di Flaubert, dopo gli studi di critica sperimentale di Hippolyte Taine. Proprio così!

Sapete bene che la grande originalità della Signora delle camelie consiste nel mostrarci, sul palcoscenico, persone che, mentre si dipana l’azione principale, compiono una serie di piccoli gesti quotidiani e conversano, la maggior parte delle volte, in un vero linguaggio parlato, mettendo in contatto il pubblico con un mondo più reale e più autentico. Ricordo che, ogni qualvolta si parlava della Signora delle camelie con Théodore Barrière, o piuttosto ogni qualvolta ve ne parlava lui (perché ritornava continuamente sull’argomento), gridava che Dumas gli aveva rubato l’opera, che Margherita era Mimì di La Vie de Bohème, che Armando era Marcel, che il padre Duval era lo zio Durantin. Dimenticava che il nuovo e notevole merito della pièce di Dumas non consisteva nella storia, ma nel tono, l’accento, il gesto, e, se posso permettermi, nell’atmosfera in cui è immersa l’azione. Si sente di vivere qualcosa di autentico.

Ebbene, un po’ di questa autenticità è penetrata anche nel vaudeville Il gruzzolo. I personaggi del Cappello erano ancora solo e soltanto dei fantocci. Ma l’intero primo atto del Gruzzolo potrebbe benissimo essere quello di una commedia di costume. Il gruzzolo è pur sempre il Cappello, ma venato di realtà. Il gruzzolo è La signora delle camelie del vaudeville».

Così si espresse, o quasi, l’ardita verve del mio buon maestro. Aggiunse alcune considerazioni sul provvidenziale incontro tra Labiche e Geoffroy, sul fortunato connubio di queste due pance e sull’intima unione sprirituale di queste due menti geniali, poiché l’autore aveva trovato nell’attore il suo personaggio ideale, e l’idiosincrasia dell’attore aveva aiutato l’autore a concepire e perpetuare i suoi tipi. Il borghese riempie e domina l’intera opera di Labiche, perché Geoffroy era il Borghese – e come se non bastasse, il borghese era Labiche – . Quale perfetta armonia!

Il mio maestro passò poi a tessere l’elogio degli attuali interpreti del Gruzzolo: Milher, Calvin, Luguet. Confessò che il genere teatrale di cui Il gruzzolo è il capolavoro, e che ci ha divertiti per trent’anni, aveva più di qualche ruga.

Il gruzzolo (La cagnotte)«Pazienza, anche le commedie di Regnard ne hanno! Quel Regnard che ha tanto divertito il pubblico sul finire del XVII secolo, adesso annoia qualche sdegnoso. Io lo amo ancora, perché sono un tipo allegro per natura». Come ultima cosa, il mio maestro fu bravo e meravigliosamente gentile. L’anima stessa dell’antico Palais-Royal della grande epoca parlava per mezzo della sua bocca. Sembrava che anche lui fosse appartenuto all’eroica compagnia.

In conclusione, il maestro ci fece notare, con magnifico pudore, che quasi tutto il repertorio di Labiche poteva essere visto dalle signorine perbene.

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